Nel mondo, ogni anno, un bambino su due subisce qualche forma di violenza o abuso: parliamo di un miliardo di bambini ogni anno. Violenze che non sempre fanno rumore né saltano agli occhi, che spesso sono anzi silenziose e nascoste: nell’80% dei casi, avvengono tra le mura domestiche. Solo in rare occasioni si accendono i riflettori su questo dramma dell’umanità: una di queste occasioni è la Giornata Internazionale dei bambini innocenti vittime di aggressioni, il 4 giugno, istituita nel 1982 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha come obiettivo quello di “sensibilizzare e prendere atto del dolore che affligge i bambini che in tutto il mondo sono vittime di abusi fisici, mentali ed emotivi”.
Di questi minori e delle loro ferite, spesso invisibili, si occupa la Fondazione Protettorato San Giuseppe, che a Roma accoglie bambini e bambine provenienti da famiglie fragili e/o violente dalla fine dell’800. A distanza di quasi un secolo e mezzo, i problemi sono cambiati, ma tutt’altro che superato. Secondo quanto riferito oggi dall’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, infatti. Negli ultimi 15 anni sono stati oltre 3 mila i casi di minori vittime di abusi o violenze presi in carico dalla struttura: circa 100 nuovi casi ogni anno. L’età media dei bambini è di 12 anni, gli abusi vanno dal maltrattamento fisico e psicologico alla ‘patologia delle cure’, ovvero il tipo di violenza che passa dall’incuria all’eccesso di cura (ad es. la somministrazione di farmaci non necessari); dalla violenza assistita (il minore assiste alla violenza esercitata su figure di riferimento come un genitore o un fratello/sorella) all’abuso sessuale. Alcuni giovanissimi pazienti arrivano dopo essere fuggiti da zone di guerra: Ucraina, Siria, Africa. Nella casistica del Bambino Gesù, più dell’80% degli abusi, in tutte le declinazioni, è stato compiuto all’interno della famiglia.
‘Per questo, il lavoro del Protettorato, che offre non solo una casa, ma un clima di accoglienza di tutte le fragilità, è più attuale e necessario che mai. Il video diffuso oggi da Unicef e Saatchi & Saatchi sulla “Casa del Terrore” non può non far pensare a realtà diametralmente opposte. Come le strutture del Protettorato, case dell’amore e del superamento di quel terrore che tanti bambini e bambini hanno purtroppo conosciuto.
Così spiega Elda Melaragno, presidente della Fondazione Protettorato San Giuseppe: “Nelle nostre 7 case famiglia, la priorità è garantire l’ascolto dei bambini e delle bambine e l’accoglienza delle loro fragilità, delle loro paure, dei loro bisogni. Il nostro progetto pone al centro la personalizzazione: ogni bambino al Protettorato viene preso in carico per quello che è e per quella che è la sua storia. Accogliamo non solo il bambino e tracciamo un percorso che coinvolge l’intero nucleo familiare. Il bambino e la bambina non vengono “ammessi”, ma “accolti”, insieme alla loro famiglia, che supportiamo e accompagniamo inviando gli operatori nei luoghi stessi della famiglia e offrendo ai genitori i servizi del nostro Centro per la famiglia. E’ quello che abbiamo sempre fatto e che continueremo a fare”.