Le emozioni non sono belle o brutte, sono un diritto. La “Carta dei diritti emotivi” è oggi appesa a una delle porte di Casa Pollicino: un cartoncino verde, su cui ogni bambino e ogni bambina ha ricopiato il passaggio che sentiva più suo. Dopo aver letto insieme questa Carta, poco conosciuta ma tanto importante, insieme alle educatrici si è aperto un confronto, che è andato avanti per qualche giorno. Ieri sera, sono stati gli stessi “Pollicini” a raccontarci le loro emozioni e a rivendicarne l’importanza.
Sono orgogliosi del lavoro che hanno fatto e pronti a difendere le proprie emozioni, soprattutto quella che ciascuno ha scelto per sé. Hister (nome d’arte), che in questo momento non c’è, “ha scelto il diritto alla tristezza, che in questo periodo sente molto suo”, ci spiega Emanuela, l’educatrice. E poi si fa il giro: ciascuno prende la parola, leggendo ad alta voce il diritto che ha scelto e spiegando le proprie ragioni.
Pashacoh: “Non mi piaceva essere giudicata quando ero triste”
“Abbiamo il diritto a non essere giudicati per le nostre emozioni”. Pashacoh ha scelto questo diritto e fa un esempio. “Quando ero in quarantena e a volte piangevo, alcuni mi dicevano che esageravo. Nella mia classe c’è una mia compagna molto agitata e i miei compagni la mettono da parte. io mi sentivo esclusa e intimidita quando ero in quarantena e mi giudicavano perché ero triste. Sentivo che non riuscivano a comprendermi”
Azzurro: “La gioia è quando faccio un favore”
“Abbiamo il diritto a provare ogni giorno gioia, amore, curiosità, orgoglio, divertimento, meraviglia, serenità. l’ambiente in cui viviamo deve farsi garante di questo diritto”. Tra tutte queste emozioni, Azzurro sceglie l’orgoglio. Ed è orgoglioso “quando prendo bei voti a scuola, soprattutto in Italiano. O quando metto in ordine”. La serenità, invece, la sente “quando vedo il giallo, che è il colore del sole”. Mentre sente la gioia “quando faccio un favore”. E ne fa tanti: “Metto in ordine, regalo disegni, asciugo i capelli alle bambine”. Si diverte, invece, “quando mi spacco la schiena, facendo le verticali o le acrobazie”.
Lola Balatatu: “Devo imparare ad arrabbiarmi”
“Abbiamo il diritto a provare rabbia di fronte a un’ingiustizia o quando qualcuno ci minaccia”. Lola Balatatu ha scelto questo diritto perché “la mia psicologa mi ha detto che si è tristi per non essere arrabbiati e si è arrabbiati per non essere triste. E io non so arrabbiarmi, così divento triste. Devo imparare ad arrabbiarmi, ma non ci riesco. Per esempio, non riesco a essere arrabbiata con mia mamma che 4 anni fa mi ha datto venire in casa famiglia: sono solo triste. E anche quando lei si arrabbia al telefono anche se non ho fatto niente di male, non mi arrabbio: divento triste. Devo lavorarci, devo imparare ad arrabbiarmi”.
Cavallina e “quelle volte in cui non mi sono saputa controllare”
“Abbiamo il dovere di comprendere quando le nostre emozioni possono trasformarsi in un comportamento e quando questo va evitato”. Ad Emily viene in mente “quando ho spinto mia sorella perché ero arrabbiata e lei è finita in ospedale. O quando sono andata a Watatuya con i capelli corti, appena tagliati, un bambino mi ha preso in giro e l’ho menato”.