La casa famiglia non strappa, ma ricuce. L’importante è fare “sistema”

“Fare sistema, per costruire una rete che sostenga i minori e le loro famiglie”: è l’appello rivolto dalla presidente della Fondazione Protettorato San Giuseppe Elda Melaragno a coloro che sono intervenuti, mercoledì 27 novembre, al seminario organizzato dalla stessa Fondazione. Presenti rappresentanti delle istituzioni, esperti e “addetti ai lavori”. Per la prima volta, si è parlato di casa famiglia come “luogo di ricostruzione dei legami familiari, non come luogo in cui questi legami vengono strappati. Perché il nostro obiettivo è aiutare genitori e figli a superare la crisi e ritrovarsi”, ha detto ancora Melaragno.

I partecipanti

Presenti, per la parte istituzionale, gli assessori Massimiliano Maselli (Politiche sociali Regione Lazio) e Barbara Funari (Politiche Sociali Roma Capitale), l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti e la ex senatrice Paola Binetti. Presente anche il Consiglio Regionale Ordine Assistenti sociali del Lazio, rappresentato da Massimiliano Monti.

Nella seconda parte, sono intervenuti invece gli “addetti ai lavori”, rappresentanti delle diverse professionalità operativa al fianco dei minori e delle loro famiglie: Armando Cancelli, direttore della Fondazione Protettorato San Giuseppe, Pompilia Rossi (avvocato, esperta di diritto di famiglia e minorile) e Nunzia Bartolomei (Assistente sociale specialista). Esperienze e strumenti di lavoro sono stati raccontati da Viola Poggini (Esperta in psicologia giuridica e diritto del minore, Consigliera e Segretaria dell’Ordine degli Psicologi del Lazio), Katia Vitri (Assistente sociale Area Minori Municipio II) e Beatrice Bruno (Nucleo Assistenza Legale Caritas Roma). Daniela Cremasco, Nicoletta Iarussi e Flavio Neciaev, rispettivamente assistente sociale, psicoterapeuta ed educatore professionale all’interno della Fondazione hanno condiviso l’esperienza del Centro per le famiglie del Protettorato.

Le domande, le risposte

Come ricostruire e rafforzare i legami familiari, nel momento in cui il minore viene allontanato dai genitori? Come favorire e accompagnare il suo rientro in famiglia, scopo ultimo di ogni intervento e decisione? Quali sono gli strumenti per sostenere il minore separato dal suo nucleo familiare e inserito in una casa famiglia? E come costruire, una nuova cultura e una nuova narrazione delle case famiglia? Sono solo alcune delle domande intorno alle quali si è snodata la lunga mattinata di riflessione e confronto, aperta dalla presidente Melaragno, che dopo aver ricordato la storia del Protettorato, ha evidenziato quelli che sono i suoi obiettivi e i suoi punti di forza, in funzione di questi stessi obiettivi: “Troppo spesso la casa famiglia viene presentata e raccontata come luogo che divide che “strappa” i figli ai genitori. Il lavoro che noi facciamo ogni giorno va nella direzione diametralmente opposta: l’obiettivo è appunto ricucire, riavvicinare, sostenere i minori e i loro familiari nel momento della difficoltà e della crisi che hanno reso necessaria la separazione. Grazie al lavoro di tutti i nostri professionisti, tutti di altissimo livello, e alle sinergie che abbiamo costruito negli anni, grazie soprattutto alla bella invenzione del centro per le famiglie, vediamo spesso i nostri bambini e i nostri ragazzi rientrare nelle loro case, con i loro genitori, divenuti più forti e consapevoli grazie al percorso compiuto. Questo ci riempie di gioia e di soddisfazione. Interrogarci su quali strumenti e quali strategie possano favorire questo processo, insieme a rappresentanti delle istituzioni ed esperti di queste materie, è fondamentale per fare sempre meglio il nostro lavoro, nell’interesse prioritario dei ragazzi e delle ragazze che accogliamo per un pezzo della loro vita. Le porte del Protettorato sono aperte: invitiamo tutti a venire e vedere cosa siano realmente le case famiglia, come lavorino i nostri operatori, come vivano e crescano i ragazzi e le ragazze che accogliamo e quante volte riusciamo a ‘ricucire’ quei fili che a volte, per tante ragioni diverse, possono strapparsi. Dobbiamo costruire una nuova narrazione delle comunità per minori, nell’interesse prioritario del minore che la Convenzione per l’Infanzia e l’Adolescenza ci impone”.

A proposito di Convenzione Onu, è intervenuta l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Carla Garlatti: “La Convenzione ci ricorda che esiste il diritto del minorenne ad avere una protezione sostitutiva laddove la famiglia sia disfunzionale. Spesso si interviene con interventi tardo riparativi, che non permettono di recuperare i legami. Voglio ricordare che l’Italia è il Paese che allontana di meno in Europa, con un’enorme differenza rispetto a Germania e Francia, per esempio. Personalmente, non credo sia un buon segno, ma al contrario la conseguenza di un sistema in cui gli assistenti sociali sono troppo pochi e non riescono a intercettare in modo tempestivo il disagio della famiglia. Ricordo anche che, come giustamente recita il titolo di questo convegno, l’allontanamento non ha lo scopo di separare, ma di garantire al minore di vivere in un clima sereno per il tempo necessario alla famiglia per recuperare la propria capacità. Quando sento parlare di allontanamenti zero, mi vengono i brividi – ha detto ancora – Basti pensare che gli autori di maltrattamento verso i minori sono nel 90% dei casi appartenenti all’ambito famigliare. Questo fa capire sia necessario che l’allontanamento esista. È fondamentale che, durante questo periodo, il minore incontri i propri familiari in un ambiente protetto e sia informato di quello che sta succedendo di quello che accadrà. I ragazzi chiedono e hanno bisogno di capire”.

Paola Binetti ha ricordato che “il bambino ha bisogno di una famiglia o della struttura più simile a una famiglia, in cui possa vivere legami sani. La struttura che oggi ci ospita era prima un orfanotrofio, ha ricordato. Abbiamo fortemente voluto la deistituzionalizzazione, che si è realizzata a favore di modelli e formule diverse, come il Protettorato, che ne è eccellente esempio”.

D’accordo l’assessore Maselli, che dopo aver ricordato l’impegno della stessa Melaragno nella realizzazione di norme, diritti e servizi a favore dell’infanzia, ha fatto notare come “il Protettorato segua e accompagni l’inclusione dei ragazzi in ogni fase, dall’arrivo fino all’inserimento lavorativo. Questo è per noi un esempio e un guida, per cui – ha annunciato – sottoporremo anche alla Fondazione il Piano sociale regionale che stiamo ultimando. Chiederemo osservazioni e proposte emendative, per arrivare all’approvazione finale entro l’inizio dell’anno”.

La parola d’ordine, per realizzare un’adeguata rete a supporto di minori e famiglie, è “sistema”. L’ha pronunciata più volte Melaragno, in particolare rivolgendosi all’assessora Funari, che ha colto l’appello e ha assicurato: “Stiamo già facendo sistema, ma certamente dobbiamo allargarlo e migliorarlo. A Roma, abbiamo bisogno del supporto di esperienze come questa, per fare meglio ciò che facciamo. Da soli, non ce la possiamo fare. I modelli che voi qui dentro sperimentate possono essere per noi di grande aiuto e ispirazione”.

Professioni a confronto

Chiusa la parte istituzionale, hanno preso la parola le professionalità impegnate direttamente nei progetti di sostegno e accompagnamento. Il direttore del Protettorato, Armando Cancelli, ha sottolineato la necessità di una “nuova narrazione della casa famiglia, ancora raccontata dai media in modo stereotipato e pieno di pregiudizi”. Riguardo invece gli strumenti per rendere le case famiglia ricostruttive di legami, tra questi ci sono “un approccio multidisciplinare per sostenere la genitorialità e una rete di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti. Se non si crea intorno al minore un sistema in grado di lavorare, la casa famiglia da sola non ce la fa. Noi abbiamo dato vita a questo sistema circolare, in cui la casa famiglia è il centro di una serie di servizi e di strutture, dal centro studi e il centro per la famiglia. Questo dà quasi sempre ottimi risultati”.

Sul tema e sul ruolo e sul rapporto tra le diverse professionalità coinvolte, si sono confrontare l’avvocato Pomilia Rossi e l’assistente sociale e formatrice Nunzia Bartolomei, che hanno messo in luce le rispettive funzioni, anche alla luce della riforma Cartabia.

Esperienze a confronto

La terza parte del convegno è stata dedicata al confronto sulle esperienze concrete e i progetti messi in campo da diverse realtà per rispondere al bisogno di sostenere e ricucire i legami familiari, specialmente nell’ambito di un allontanamento. Valerio Luterotti, psicoterapeuta e membro del Comitato Tecnico Scientifico della Fondazione Protettorato S. Giuseppe ETS, ha messo in luce il ruolo del Centro studi della Fondazione nel promuovere iniziative culturali, mettendo a confronto e valorizzando le conoscenze e le competenze portate da diverse realtà. Questo, allo scopo di sviluppare e diffondere una nuova cultura dell’accoglienza e dell’inclusione dei minori. Hanno portato la propria testimonianza Katia Vitri (Assistente sociale Area Minori Municipio II) e Beatrice Bruno (Nucleo Assistenza Legale Caritas Roma).

L’esperienza specifica del Centro per la famiglia del Protettorato, hanno parlato Daniela Cremasco, Nicoletta Iarussi e Flavio Neciaev, rispettivamente assistente sociale, psicoterapeuta ed educatore professionale all’interno della Fondazione, a testimoniare il “lavoro di squadra”, la sinergia tra professionalità e la multidisciplinarità che rende questa esperienza particolarmente utile ed efficace nel raggiungere l’obiettivo: ricucire i legami familiari e sostenere genitori e figli, perché possano superare il momento di crisi e ritrovarsi, con una nuova consapevolezza.

Tante sono le storie di “ritessitura” di legami e rientro in famiglia, passate attraverso le case del Protettorato. L’ultima è la storia di tre giovanissimi fratelli, che hanno trascorso quasi quattro anni in casa famiglia e qui hanno trovato un luogo in cui crescere e cucire o ricucire legami. Recentemente hanno lasciato il Protettorato, per riprendere la loro strada, chi con il papà, chi con la famiglia affidataria. Qui la loro storia

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