Non si può accogliere un ragazzo, senza accogliere anche la sua famiglia. Così come non si può sostenere un ragazzo, senza sostenere anche la sua famiglia. È da questo principio che è nata l’idea di creare, all’interno della Fondazione, uno spazio riservato alle famiglie. Quelle dei ragazzi ospiti, innanzitutto, ma non soltanto loro: un luogo in cui accogliere le diverse fragilità e difficoltà delle famiglie del territorio, offrendo un supporto professionale, in un ambiente sicuro e non giudicante.
A raccontarci cosa è e come funziona il Centro per le famiglie, sono le due professioniste che lo tengono aperto per due giorni a settimana: Daniela Cremasco e Nicoletta Iarussi, che in questo spazio che è fisico ma anche mentale, accolgono, ascoltano, supportano e qualche volta rassicurano bambini, bambine, ragazzi, ragazze e i loro genitori o altri adulti che sono per loro importanti. Daniela è l’assistente sociale, Nicoletta la psicoterapeuta. Insieme, gestiscono la lista sempre fitta di appuntamenti, in una casetta all’ingresso della Fondazione:
Un luogo che è po’ fuori, un po’ dentro. E non è un caso – precisano – Perché il Centro per le famiglie è un ponte tra il dentro e il fuori, un collegamento tra l’esterno e l’interno.
Nella stanza, quattro poltrone, un tavolino, un tappetone e diversi giochi e libri per bambini. Il microfono e la telecamera quasi non si vedono, ma devono esserci, per permettere alle tirocinanti nell’altra stanza di seguire in maniera discreta i colloqui, gli incontri protetti, le sedute famigliari aiutando chi sta nella stanza a tenere memoria di quello che è successo in seduta e anche offrendo il loro prezioso sguardo esterno su quello che hanno visto e sentito succedere nella stanza. Perché qui niente avviene per caso, niente è improvvisato, ma tutto è studiato, pensato e curato per offrire il migliore dei servizi possibili, perché è tra queste pareti che le famiglie giocano la loro partita più importante: quella che potrà renderle famiglie più forti, capaci di accompagnare un figlio o una figlia nella propria crescita, anche dopo un momento di smarrimento e inciampo.
Lasciamo che siano Daniela e Nicoletta a raccontarci cosa avviene in questa casetta.
Il Centro nasce dall’esigenza di lavorare con le famiglie all’interno delle comunità, assicurando un intervento precoce nel momento in cui i ragazzi vengono allontanati. Accanto a questa esigenza, c’è anche quella di offrire al territorio un servizio di supporto per le situazioni familiari che richiedono attenzione e che ci vengono segnalate dai servizi sociali dei Municipi del comune di Roma. In entrambi i casi è un lavoro delicato e complesso, che richiede, oltre naturalmente a una grande capacità di ascolto e competenza professionale, anche una buona dose di umiltà e disponibilità a lasciarsi alle spalle atteggiamenti paternalistici e giudicanti e a lavorare in rete con i servizi, sempre nel rispetto delle indicazioni che provengono dalle Autorità giudiziarie coinvolte. In questa casetta cerchiamo di offrire un ambiente accogliente per i genitori, che spesso arrivano qui disperati, arrabbiati, neganti, ma anche per i ragazzi, preoccupati e impauriti per quello che vedono accadere intorno a loro. Quello che vogliamo offrire è la possibilità di affrontare argomenti anche molto delicati e duri, senza mai essere giudicati. I bambini chiamano questo spazio “la casetta” e a noi piace che la vivano così. Grazie alla “casetta”, rendiamo la casa famiglia un ambiente terapeutico globale”.
Ed è questo che fa la differenza: la differenza tra quando la “casetta” non c’era e adesso, che la “casetta” c’è.
“Il Centro per le famiglie funziona dal mese di aprile 2019, è un servizio che raramente si trova, nelle strutture come la nostra, abituate a lavorare soprattutto con le emergenze e in cui la priorità è mettere in sicurezza il minore. Questo modo di lavorare “in emergenza”, però, allunga i tempi di permanenza del bambino fuori dalla famiglia e ostacola la riuscita dell’intervento di tutela. Da quando c’è questo servizio, abbiamo visto chiaramente che includere la famiglia significa attingere a tutte le risorse individuali e valorizzarle, tirando fuori il meglio di ciascuno: i bambini riescono a stare con più serenità e sicurezza dentro il progetto di accoglienza comunitario, anche quando questo li separa dai loro genitori. Sapendo che anche la mamma e il papà vengono accolti, supportati e aiutati, i bambini e i ragazzi sono più tranquilli, hanno fiducia e capiscono che non stanno vivendo un’ingiustizia, ma un’opportunità. Per loro, è molto rassicurante sapere che questo spazio accoglie anche i loro genitori e li aiuta ad affrontare i problemi. Questo sia che si tratti di esterni, sia che si tratti di famiglie da cui il minore viene allontanato. Nel primo caso, si tratta sempre di situazioni al limite, in cui si cerca di ricostruire un tessuto familiare e una capacità genitoriale, prima che si renda necessario l’allontanamento”. Nel secondo caso si arriva un po’ più tardi quando alcuni confini sono stati superati e il lavoro di ricostruzione e aiuto quando possibile è un po’ più lungo, ma non per questo meno efficace e protettivo.
Il Centro per le famiglie fa parte di quel “patto” tra servizi e genitori ed è quindi una maglia fondamentale nella rete di salvataggio che viene costruita a supporto della famiglia.
Prima di prendere in carico una situazione, dedichiamo ore, pensieri e riunioni alla sua conoscenza e l’analisi partiamo dalla documentazione per poi allargarsi al racconto dei servizi invianti, fino a conoscere i diretti interessati. Dove possibile cerchiamo di fare in modo che già al momento della richiesta d’ingresso in casa famiglia i genitori aderiscano a una sorta di ‘patto’, impegnandosi a partecipare a un percorso che si pone come sostegno alla crescita del loro figlio, cercando di fare in modo che modalità di lavoro e obiettivi siano il più possibile condivisi. In questo modo, anche eventuali difficoltà dei genitori e i possibili fallimenti possono essere accolti e rielaborati. Questo rassicura molto i figli, che sentono una squadra intorno a loro e, in un certo senso, ‘ci consegnano’ i loro genitori e non si sentono “dei traditori della loro relazione, ma partecipi di un progetto in cui tutti si impegneranno per diventare più forti”. E nella maggior parte dei casi (non tutti ovviamente) i genitori, anche quelli che inizialmente si avvicinano con diffidenza e sospetto, con il tempo si rilassano, colgono l’opportunità che qui viene loro offerta e si lasciano aiutare, sviluppando anche una consapevolezza e una lucidità rispetto alle loro problematiche che spesso ci sorprende. Una volta capito che qui non verranno giudicati né tanto meno condannati, ma supportati e accompagnati, non vedono l’ora di venire agli incontri”.
Suona il campanello. Una mamma è arrivata con 45 minuti di anticipo.