Il grido d’allarme arriva dalla Lombardia ma, almeno per quanto riguarda l’insufficienza degli educatori, è “una questione nazionale”. Ce ne parla Paolo Cattaneo, presidente di Cnca Lombardia
“Gli educatori non si trovano più., tanto che in Lombardia stiamo costruendo con la Regione un percorso per andare in deroga rispetto agli standard di accreditamento. Ma il problema, direi pure l’emergenza, è nazionale. E si ripercuote soprattutto sulle comunità e le case famiglia per minori, che senza educatori non possono andare avanti”: a lanciare l’allarme è Paolo Cattaneo, presidente di Cnca Lombardia.
Ma perché gli educatori sono diventati introvabili?
Per tanti motivi. Innanzitutto, perché le facoltà di scienze dell’educazione sono a numero chiuso, ma anche perché la professione è poco attraente rispetto ad altre, come lo psicologo e l’assistente sociale, più riconosciute culturalmente ed economicamente. E poi c’è un problema di formazione: dall’Università escono persone che non hanno quasi idea di cosa sia il lavoro dell’educatore.
Il problema di fondo è che oggi serva una laurea per diventare educatori?
No, non la metterei in questi termini: piuttosto, il problema è aver trasferito tutta la formazione degli educatori all’interno dell’università, facendone un percorso accademico di quale decina di esami e qualche centinaio di crediti, smarrendo tutta la parte emotiva, corporea e passionale. Il fatto che, a partire dalla legge Iori del 2017, serva un titolo per diventare educatori è per noi un successo, frutto di una battaglia che abbiamo condiviso. Il problema è che gran parte dei nuovi educatori laureati che si presentano nelle nostre organizzazioni arrivano come se arrivassero in luogo qualsiasi: la loro formazione del “saper essere e saper stare” è debolissima. Con alcune università costruiamo percorsi, per esempio abbiamo messo a punto un master per educatori di comunità con la Bicocca, ma non può essere questa la soluzione, anche perché un master costa 3 mila euro.
E quale sarebbe la soluzione?
Intanto, cambiare il piano di studi del corso di laurea, poi andare verso un adeguato riconoscimento professionale e anche economico, più vicino agli standard europei. In Francia un educatore guadagna 3.500 euro al mese. Questo incoraggerebbe anche i ragazzi che escono dalla scuola a intraprendere un percorso formativo destinato a questa professione. Ad oggi, l’educatore lavora tanto, fatica moltissimo e guadagna pochissimo. E poi, bisognerebbe ripristinare alcuni corsi professionali, per far sì che i tanti giovani senza lavoro, magari laureati in Lettere o in Psicologia, possano guardare con interesse a questa professione e iniziare non solo a studiarla, ma anche a sperimentarla tramite il tirocinio, che all’Università compare solo a partire dal terzo anno. E’ avvicinandosi a questo lavoro, che si scopre quanto sia bello e gratificante. Dei sei ragazzi che abbiamo avuto nell’ultimo contingente del servizio civile, due hanno deciso di iscriversi a Scienze dell’Educazione, perché si sono innamorati di questo lavoro. E’ di giovani come questi che il sociale ha bisogno: dobbiamo incoraggiarli ad avventurarsi in questa professione così preziosa per il Paese.
Sullo stesso argomento, leggi anche:
Così ti racconto il racconto (bello e difficile) dell’educatore
Educatori, la grande emergenza? Il dibattito è aperto
Educatore, chi è costui? Il racconto di Nicola e l’urgenza di un riconoscimento