Si celebra il 20 giugno la Giornata mondiale del Rifugiato: una Giornata che la Fondazione sente anche un po’ sua, perché l’accoglienza è la sua scelta da sempre e il suo impegno quotidiano. E accogliere un minore che fugge da una guerra, o da un pericolo, non può essere che una priorità.
Tecnicamente, la Fondazione è ente attuatore del progetto SAI-MSNA di Roma Capitale, ovvero il Sistema di Accoglienza e Integrazione destinato ai minori stranieri non accompagnati. La Fondazione ha spesso accolto minori richiedenti asilo o rifugiati. Attualmente ne ospita tre, in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Hanno tra i 16 e i 18 anni e provengono rispettivamente da Sudan, Gambie e Camerun. Sono arrivati da poco, tra aprile e maggio scorsi. Non parlano italiano, ma la Fondazione assicura attraverso le equipe educative ed il mediatore l’accompagnamento nell’alfabetizzazione, formazione, oltre che naturalmente nell’inserimento e l’integrazione sociale.
Inoltre attraverso il lavoro di relazione creato dagli educatori viene costruito uno spazio nel quale il ragazzo possa sentirsi al “sicuro”.
Un’accoglienza a tutto tondo
Anche nel percorso legale e burocratico e in tutto l’iter necessario per il riconoscimento dello status di rifugiato, la Fondazione assicura, come previsto dal progetto SAI, il supporto e l’accompagnamento da parte di un’equipe multidisciplinare capace di garantire un’accoglienza integrata.
“I richiedenti asilo, così come gli altri minori che arrivano in Protettorato, vengono supportati sotto ogni punto di vista, con un’attenzione particolare all’aspetto psicologico e legale – ci spiega Maria, educatrice della Fondazione – Ovviamente, con i minori stranieri e in particolare con i richiedenti asilo, l’area legale ha un ruolo importantissimo, nel fornire supporto in tutto il percorso di richiesta. Così come è fondamentale l’area psicologica, poiché individua le vulnerabilità ed eventuali indicatori post traumatici. Laddove necessario, la Fondazione garantisce l’invio presso centri territoriali specializzati.
Proprio questo è un punto di forza caratteristico della Fondazione, nell’accoglienza dei minori richiedenti asilo: “Un rapporto di continuità con la rete territoriale, come il Centro Samifo (Salute migranti forzati), l’INMP e le associazioni specializzate in temi come la tratta, o lo sfruttamento. La Fondazione ha contatti con tutta la rete del territorio e ha stipulato diversi protocolli d’intesa, per esempio con lo sportello di etnopsicologia. La solidità della rete territoriale e l’approccio multidisciplinare, con tutte le figure professionali principali disponibili all’interno della Fondazione, permette un’accoglienza a tutto tondo e assicura la capacità di cogliere ogni segnale di disagio e di bisogno e di intervenire tempestivamente. Inoltre, i minori richiedenti asilo e in generale i minori stranieri vivono insieme ai minori italiani, non in un contesto separato: questo permette loro di imparare presto la lingua e di integrarsi velocemente e con facilità, pur nella consapevolezza che questi ragazzi sono portatori di bisogni e vissuti diversi rispetto agli italiani e richiedono quindi attenzioni e risposte diverse”.
Il viaggio, un elemento centrale
Ce lo conferma Barbara, la referente dell’area legale che, all’interno della Fondazione, accompagna i minori richiedenti asilo nell’iter di richiesta e riconoscimento dello status. “Il viaggio è un elemento centrale nell’esperienza di questi ragazzi e nel vissuto che portano con sé, quando arrivano in Fondazione. Parliamo di viaggi che sono sempre più lunghi e in cui spesso p presente l’elemento della violenza, della prigionia, del deserto: situazioni complesse che si aggiungono a storie traumatiche. Di queste esperienze, i ragazzi fanno fatica a parlare. Proprio per questo, vedendo le difficoltà che hanno a tirar fuori i loro vissuti, abbiamo trovato negli ultimi tempi una metodologia che si sta rivelando molto efficace: lavoriamo in stretto contatto con Nicoletta, la psicologa della Fondazione. I primi colloqui li facciamo insieme, soprattutto quelli in cui parliamo del viaggio. Poi lei a portare avanti da sola i colloqui di presa in carico e, laddove riscontrasse difficoltà e traumi, a sua volta coinvolge la rete territoriale. Abbiamo notato che il trauma si riattiva spesso a ridosso dell’audizione in commissione. Nei giorni immediatamente precedenti e successivi., dobbiamo avere tutti la massima attenzione, perché i ragazzi possono avere un crollo: in particolare il giorno dell’intervista, è tutto un vissuto drammatico che si riapre. In questi momenti, la stretta connessione tra gli educatori e le altre figure professionali della Fondazione è fondamentale: un ragazzo che si alza la notte, o che non mangia, o che ha mal di pancia, deve essere ascoltato e osservato con tanti occhi e tante orecchie. E noi cerchiamo di tenerli tutti bene aperti, per offrire a questi ragazzi tutto il supporto di cui hanno bisogno”.