“Gli educatori non si trovano più!”: così aveva lanciato l’allarme il Cnca Lombardia alcuni mesi fa, in un appello che avevamo pubblicato anche su queste pagine. Un tema che ci sta particolarmente a cuore, in Protettorato, perché ben sappiamo come sia importante non solo che gli educatori ci siano, ma che siano anche ben preparati e motivati. Intanto, l’emergenza riguarda – a quanto pare soprattutto la Lombardia (ma non soltanto: “E’ un problema nazionale!”, si grida a più voci): e dalla Regione Lombardia è partito un tentativo di risposta, o meglio una soluzione temporanea a quella che si sta configurando come una vera e propria emergenza sociale, visto che diverse comunità alloggio per minori della regione hanno chiuso i battenti. Così, il 31 maggio scorso, la regione Lombardia ha approvato all’unanimità la Dgr 6443, riguardante proprio “le figure professionali socio educative che operano nelle unità d’offerta sociale”.
Vediamo cosa prevede:
Qualora le procedure di selezione non abbiano condotto all’individuazione di personale socioeducativo in possesso delle caratteristiche sopra specificate, il soggetto gestore, entro il 31/12/2023, motivando adeguatamente la propria scelta, potrà completare il fabbisogno di personale educativo assumendo quale operatore socio-educativo anche chi è in possesso di diploma professionale/istruzione di grado superiore (almeno quadriennale) con comprovata esperienza di almeno 3 anni in ambito socio-educativo ed esperienza specifica in area minori o disabili. Dovrà essere garantita la partecipazione ad iniziative di formazione e/o aggiornamento per un minimo di 40 ore annuali. In ogni caso – si precisa – il personale educativo nelle unità d’offerta in oggetto non potrà essere costituito unicamente da operatori in possesso delle caratteristiche sopracitate e le procedure di assunzione di tali operatori saranno oggetto di specifica verifica in sede di Vigilanza da parte delle ATS
Questo non vuol dire, evidentemente, che non sia necessaria la laurea per accedere alla professione di Educatore, ma che, in caso di emergenza e solo fino alla fine del 2023, in presenza di determinate condizioni, i soggetti gestori potranno integrare, nell’equipe educativa, anche educatori non laureati, ma comunque in possesso di titoli e soprattutto di esperienza, da affiancare al personale educativo. Tiene a specificarlo Domenico Simeone, presidente della Conferenza Universitaria Nazionale di Scienze della Formazione e preside della Facoltà di Scienze della Formazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:
La DGR 6443 non elimina, né potrebbe eliminare, l’obbligo di avere una laurea in Scienze dell’educazione e della formazione (L 19) per svolgere la professione di Educatore professionale socio-pedagogico previsto dalla normativa nazionale – precisa – ma introduce in via transitoria (soltanto entro il 31/12/2023), alcune condizioni e soltanto in subordine alla dimostrata impossibilità di individuare personale socioeducativo in possesso delle caratteristiche previste. Restano quindi in vigore tutte le norme nazionali che prevedono il possesso della laurea triennale in Scienze dell’educazione e della formazione (l-19) per poter svolgere la professione di Educatore Professionale Socio-Pedagogico”.
Al di là delle questioni tecniche, quello che emerge con evidenza è la necessità che le professioni sociali (così come quelle socio-sanitarie) vivano un momento di crisi e di emergenza, di fronte a cui sarà necessaria una risposta strutturale, che parta dall’orientamento e dalla formazione, ma anche dal riconoscimento sociale e professionale di queste figure, a livello nazionale. E’ quanto mette in evidenza, inserendosi nel dibattito, il Forum Terzo settore della Lombardia:
La questione è in verità molto complessa e ha a che fare con l’attenzione negata – in termini culturali, politici e di investimento economico – al lavoro di cura, al lavoro sociale in senso lato. In proposito, come Forum Terzo settore Lombardia abbiamo promosso un convegno il 5 luglio scorso a Milano e intendiamo continuare a lavorare nella direzione di un cambio di paradigma capace di restituire dignità piena al lavoro sociale e agli operatori socio – educativi (educatori professionali, assistenti sociali, ecc). E’ in questo contesto che s’inserisce la Dgr 6443 della regione Lombardia, con lo scopo di rispondere a un momento emergenziale, di estrema complessità, con l’obiettivo prioritario di contrastare la chiusura delle comunità residenziali per carenza di personale e/o eccessivo turn over. In Lombardia, solo nel tempo recente hanno chiuso sette comunità educative e altre rischiano di farlo, con grave danno soprattutto per i minorenni (prevalentemente adolescenti) che invece necessitano di questa risposta. La Dgr quindi, per comune e condivisa consapevolezza, rappresenta una soluzione transitoria, con un tempo definito (la scadenza indicata del 31 dicembre 2023) e con l’obiettivo di individuare processi e strade percorribili al fine di garantire sostenibilità e qualità all’esperienza complessa dell’accoglienza residenziale. Occorre assumere consapevolezza e determinazione nel considerare il sistema della cura priorità nell’agenda politica, perché si occupa e si preoccupa del benessere delle persone e delle comunità locali, si occupa e si preoccupa di co-costruire futuro, garantendo l’esigibilità dei diritti a partire dalle persone, bambini/e, ragazzi/e, famiglie in condizioni di vulnerabilità perché possano esercitare cittadinanza piena.