“Dovete riconoscere la violenza dai primi segnali, dai primi no: e dovete allontanarvi. Io ci ho messo 13 anni, sono dovuta venire in Italia per riuscire a liberarmi, perché quando subisci la violenza vivi nella paura ma non riesci a fare niente, ti senti legata perché hai paura che ti prenda, che ti picchi, che ti ammazzi. Ma devi liberarti, perché quella persona non cambierà: lui non è cambiato neanche quando abbiamo avuto dei figli, è ancora lo stesso”: una delle mamme ospiti della Fondazione ha voluto prendere la parola, ieri, per raccontare la sua dolorosa esperienza e contribuire al momento di riflessione organizzato dagli educatori del Protettorato. Un momento a cui hanno partecipato tutti, dalla presidente Elsa Melaragno al direttore Armando Cancelli, insieme ai ragazzi e le ragazze, i bambini, le bambine e le mamme delle diverse case famiglia. Un momento per ritrovarsi, come comunità educante e come famiglia allargata, intorno a un tema che tocca tutti da vicino e che in questi giorni interroga con particolare urgenza e forza.
“A me la vicenda di Giulia sta facendo tanto soffrire – ha detto la presidente Melaragno – per la crudeltà mentale, fisica, emotiva che porta con sé. Pensare che due persone vicine a noi siano capaci di tale aggressività e cattiveria, mi fa male. Un dolore così forte per un fatto esterno alla mia cita familiare, io non l’avevo mai provato. Questa iniziativa fa bene anche a me, mi fa bene parlare con voi. Mi rivolgo allora a educatori e ragazzi: il dovere del rispetto per l’altro e soprattutto per la donna deve essere un concetto che sta dentro di voi, senza che serva richiamarlo, mentre state o starete con la vostra ragazza o con la vostra donna. Dovete riflettere voi educatori, che state tutto il giorno con loro e li aiutate a crescere, ad arricchire le loro sensibilità, a valorizzare se stessi, il proprio ruolo, a capire che significa l’amore”: dobbiamo riflettere insieme, perché la violenza è un fatto culturale”.
“Tutto passa, nella vita: passano i like sui social, tante cose smettono di essere importanti, quando si diventa adulti – ha detto il direttore, Armando Cancelli – Quello che rimane è la dignità della persona e dei rapporti. Il rispetto reciproco è una delle cose che dà sempre dignità all’essere umano, da quando è piccolo a quando diventa grande: per questo, ogni giorno, dobbiamo impararlo e coltivarlo”.
“Si parla tanto, in questi giorni, di educazione affettiva nelle scuole – ha detto Floriana, referente degli educatori e delle educatrici – Noi qui prestiamo attenzione continuamente a questo tema e per questo abbiamo voluto, oggi, questo momento di riflessione condivisa”.
“Mentre parlavo con i bambini e le bambine della casa famiglia di Giulia e della sua tragedia, ho spiegato loro che queste cose succedono perché alcuni maschi considerano la donna come un possesso, come una matita che uno ha diritto di scegliere se tenere o gettare. Ma che noi non siamo possesso di nessuno, apparteniamo a noi stessi e alla vita: nessuno ha il potere di decidere quando è ora che noi non esistiamo più. Questo, bisogna impararlo fin da piccoli”.
Ahmad Taha, responsabile del personale, ha voluto condividere una sua riflessione profonda e toccante, che riportiamo qui per intero:
Sto pensando a tutte le donne del mondo che stanno soffrendo, per esempio quelle che sono state uccise, o hanno perso un familiare in Terra Santa o in tutto il mondo. Oggi è un momento importante per ribadire il nostro impegno nella lotta contro qualsiasi forma di discriminazione. oggi più che mai voglio invitarvi a considerare la donna non come una figura distante, ma come una parte essenziale della nostra vita. La donna è nostra madre, colei che ci ha dato la vita e ci ha insegnato a camminare nel mondo. E’ nostra sorella, compagna di giochi e confidente nei momenti più difficili. E’ la fidanzata, è nostra moglie, la compagnia con cui condividiamo speranze, sogni, sfide. La donna è anche l’amica, quella presenza speciale che rende la vita più ricca di gioia e condivisione. E’ anche la figlia, il nostro orgoglio e la nostra responsabilità nel plasmare un futuro migliore. E’ la collega, la compagna di lavoro che condivide le sfide e i successi nella vita professionale. Guardando alla donna, non possiamo fare a meno di notare la sua bellezza intrinseca, che va oltre l’apparenza fisica. E’ come la luna, sempre presente nelle varie fasi della vita, dalla luna crescente alla mezza luna alla luna piena. Indipendentemente dalle sfide che la vita le pone davanti, la donna rimane sempre bella, forte e resiliente. Dobbiamo rifiutare ogni forma di abuso e discriminazione e lavorare insieme per creare una società in cui ogni donna possa vivere libera dalla violenza e dalla paura. Dobbiamo riconoscere il valore che ogni donna ha, celebrare la sua diversità e promuovere l’uguaglianza di genere in ogni ambito della vita. Insieme, possiamo costruire un mondo in cui ogni donna possa brillare come la luna, indipendentemente dalla fase in cui si trova. Un mondo in cui la bellezza della donna è rispettata, onorata e difesa da tutti noi.
Dopo la riflessione, è stato il momento dei gesti simbolici, quelli più delle parole riescono a toccare il cuore e la mente, soprattutto dei più piccoli: prima di tutto, un plexiglass su cui tutti hanno scritto un pensiero sulla violenza contro le donne, ciascuno nella propria lingua. “La violenza non è felicità”; “Non è bella la violenza”; “La violenza è inutile”; “L’amore è libertà”: sono solo alcune delle frasi che da oggi tutti leggeranno, entrando in Protettorato. Qui, nel grande giardino, troveranno anche una panchina, dipinta di rosso: la vernice è ancora fresca, perché è stata dipinta proprio ieri sera, a conclusione e sigilli di quell’impegno al rispetto che è stato posto al centro della riflessione. Infine, il cielo ormai scuro si è colorato di palloncini rossi, che i bambini hanno lanciato, tra sorrisi che resistono ad ogni prova e vincono la tristezza e la paura.
Qui trovate alcune foto e video della serata di venerdì.