La Fondazione Protettorato San Giuseppe ha partecipato al Progetto pilota, “Mettersi in gioco”, realizzato dall’Unicef Italia in collaborazione con Obiettivo Tropici.
Mettersi in gioco è un progetto di straordinaria importanza per raggiungere gli obiettivi fondamentali nella vita dei nostri ragazzi: orientamento, formazione e inserimento nel mondo del lavoro. Ma soprattutto è importante per aiutarli a sviluppare l’empowerment, a far uscire dal guscio le loro risorse e potenzialità, nonché per favorire la costruzione di strumenti indispensabili per aiutarli a costruire il loro futuro e una vita serena.
Grazie a questo progetto alcuni ragazzi ospiti delle case famiglia del Protettorato San Giuseppe hanno potuto seguire un corso di formazione professionale per operatori turistici all’estero, al quale è seguita una proposta di lavoro.
Queste sono le loro storie.
Ultimo anno di scuola. L’esame in vista. Aiuto! “Ehi, voi due, vi piacerebbe una settimana a Sharm el-Sheikh?”. Chi, noi? Mirella e Rakhib non se lo sono fatto ripetere due volte. E a inizio febbraio hanno lasciato il San Giuseppe (e la scuola…) per volare in Egitto. Erano fra i 130 ragazzi che Obiettivo Tropici, un’organizzazione che opera nel settore turistico, ha portato in un resort di Sharm. Per insegnare un lavoro, e offrirlo. Animatore turistico.
Rakhib fa il liceo tecnico informatico, Mirella fa il classico. Sono andati. Sono stati inquadrati e messi in divisa grigia: pantaloncini corti, maglietta. Lei era in stanza con Giada e Maria: “Stanza bellissima”. Lui si guardava intorno, quando hanno diviso i 130 ragazzi in gruppi, “stavo per finire con i bambini”, è arrivato un istruttore, gli ha detto che lo vedeva un po’ spaesato, “beh, in effetti…” e l’ha mandato allo sport. Beach volley, calcetto, bocce, freccette, ping pong. Mirella lo sport l’aveva scelto, perché ha fatto pallavolo per 10 anni. Rakhib si è divertito soprattutto a socializzare: “C’era una coppia, lui palestrato, aveva un libro su Schwarzenegger, abbiamo parlato di quello e poi di politica e poi di tanto altro, sono rimasto almeno mezz’ora insieme a loro”.
Mirella racconta che la giornata era scandita in maniera precisa: “Sveglia alle 8, colazione alle 8.30, alle 9 bisognava essere pronti per iniziare, poi pranzo alle 13.30, e si ricominciava”. Fino a tardi. Dormire? Poco. “Tre o quattro ore a notte, ma la stanchezza non si sentiva”, dicono entrambi.
Davanti al villaggio c’era la barriera corallina. Il momento magico della sua settimana a Sharm, Mirella racconta di averlo vissuto lì. “Con gli aquiloni, ognuno di noi ne aveva uno”. Rakhib, probabilmente, come momento magico pensa ad altro, perché comincia a ridere appena gli chiedi se era andato lì anche per rimorchiare: “Certo, il pensiero era quello…”.
Lui, due mesi da animatore li ha già fatti: l’anno scorso, in un circolo romano. Adesso ha firmato per andare dal 15 luglio al 15 settembre in un’isola greca, Kos. Un’esperienza che vuole comunque fare, all’università penserà dopo. “Avrei la possibilità di iscrivermi alla Luiss, vedremo, Economia o Scienze politiche, ma forse sceglierò lingue”. Mirella vorrebbe fare la fisioterapista, e comunque all’università ci pensa, eccome, tanto che probabilmente non andrà a Marsa Alam, di nuovo in Egitto, dove si era “prenotata” per un mese e mezzo: “Voglio fare l’esame di ammissione, penso che purtroppo non avrò tempo per altro”. Magari sarà per l’estate 2020. Difficile togliersela dalla mente, questa settimana a Sharm.