
Gli educatori, come pure i pedagogisti, hanno una scadenza fissata nel calendario: il 31 marzo. Entro quella data, dovranno iscriversi al relativo albo, se non interverranno altre deroghe. La prima scadenza era infatti fissata per il 6 agosto 2024, tanto che molte domande d’iscrizione sono già arrivate e i commissari (nominati dai Tribunali dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e Bolzano) le stanno esaminando. Ma era una scadenza troppo stretta, visto che la legge che, nel nostro Paese, ha introdotto gli albi e gli Ordini di educatori e pedagogisti era stata approvata appena 3 mesi prima della data di scadenza, ad aprile 2024. La proroga quindi è arrivata (per via di un emendamento presentato in Senato durante il processo di conversione in legge del Decreto Milleproroghe) ora la data dovrebbe essere quella: appunto, 31 marzo. Una precisazione, innanzitutto: chi ha già presentato domanda non dovrà fare altro che attendere l’esito, tramite la pubblicazione degli elenchi degli iscritti. Per tutti gli altri – e lo diciamo soprattutto per gli educatori del Protettorato – il tempo decisamente stringe. Chi ha i requisiti, quindi, non si attardi, ma segua le istruzioni fornite dal Tribunale di riferimento.
Altra precisazione: la stessa legge 55/2024 – entrata in vigore l’8 maggio 2024 – ha reso obbligatoria l’iscrizione agli albi per l’esercizio delle professioni di pedagogista e educatore professionale socio-pedagogico. La legge definisce le due professioni di pedagogista ed educatore socio-pedagogico e istituisce, appunto, i relativi albi professionali
Requisiti per iscriversi all’Albo degli educatori
Con l’aiuto di Fabio Olivieri, presidente della Feder.Ped, pedagogista e ricercatore presso l’Università di Roma Tre, che sta seguendo con attenzione gli sviluppi della vicenda, ricordiamo innanzitutto i requisiti necessari per l’iscrizione all’Albo degli educatori (quello che interessa la maggior parte di coloro che ci leggono):
- Laurea Triennale L19 Scienze dell’educazione, oppure
- Laurea classe 18 Scienze dell’educazione (triennale), oppure
- Qualifica di educatore professionale socio-pedagogico acquisita ai sensi dei commi 595, primo periodo, 597 e 598 dell’articolo 1 della legge n. 205/2017, oppure
- Corso intensivo di 60 CFU (comma 597 della legge 205/2017), oppure
- età superiore a 50 anni, 10 anni di servizio e contratto a tempo indeterminato negli ambiti professionali indicati dal comma 594 della 205/2017 all’entrata in vigore di quest’ultima (01/01/2018), oppure
- almeno 20 anni di servizio negli ambiti professionali indicati dal comma 594 della 205/2017 all’entrata in vigore della legge 27 dicembre 2017, n. 205
Solo nella prima fase di applicazione della legge, potrà iscriversi anche chi abbia:
- Laurea in scienze della formazione primaria con i 60 cfu aggiuntivi per operare
nei servizi per l’infanzia, oppure
- Titoli ritenuti idonei dalle specifiche normative regionali previgenti l’entrata in
vigore della legge 65/2017 per operare nei nidi d’infanzia 0-3, purché conseguiti entro il 31/07/2020 (in caso di laurea per via della proroga prevista dalla normativa sul COVID-19), salvo diverse indicazioni di validitá temporale dettate dalla normativa vigente prima dell’entrata in vigore del dlgs 65/2017 (se un titolo ha smesso di essere valido prima del 31/07/2020 secondo la norma regionale, fa fede quest’ultima)
Come iscriversi
Come spiega Olivieri, “si può presentare la domanda di iscrizione sia all’albo regionale dove si ha la residenza (anche se il domicilio professionale è in altra Regione), oppure all’albo
della regione dove si ha il domicilio professionale (anche se si è residenti in altra Regione). Occorre quindi collegarsi al sito del tribunale del capoluogo della regione (o delle prov. Autonome di Trento o Bolzano) in cui si vuole effettuare l’iscrizione Qui si troveranno le istruzioni e i moduli necessari per procedere: in alcuni tribunali la procedura è online, in altri deve essere compilata la domanda cartacea.
Per restare aggiornati e per qualsiasi dubbio, si può visitare il sito di Conped (Coordinamento Nazionale Pedagogisti ed Educatori) o di App (Associazione professioni pedagogiche), oppure mettersi direttamente in contatto con una delle due organizzazioni.
Un po’ di storia
Per arrivare all’istituzione degli albi e degli ordini di educatori e pedagogisti ci sono voluti anni di storia, di confronto, di impegno. Ci aiuta a ripercorrerne alcune tappe, ancora, Fabio Olivieri: “Alla fine degli anni ‘90, si iniziarono a riorganizzare le facoltà di Scienze della formazione, per offrire una laurea vecchio ordinamento in Scienze dell’Educazione, con tre profili, tra cui quello di educatore professionale extrascolastico. Nel frattempo, l’allora ministra della Sanità Bindi riclassificava le professioni che agivano negli ambienti sanitari e sociosanitari, con il decreto ministeriale 520/98: questo prevedeva la figura dell’educatore professionale, con una formazione a livello interdipartimentale tra Scienze della formazione e Medicina. È nata così una doppia figura di educatore: quella licenziata dalle facoltà di Medicina e quella licenziata, invece, dalle facoltà di Scienze della formazione”.
Dopo una lunga parentesi, in cui non ci furono novità rispetto a queste professioni, arrivò la Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018). Questa – spiega Olivieri – conteneva un emendamento promosso dalla deputata Vanna Iori. Di fatto, si trattava di uno stralcio del progetto di legge Iori, pur essendo stato approvato questo integralmente alla Camera, al Senato vennero inseriti solo alcuni commi, in modo disorganico e direi quasi casuale. In estrema sintesi, la legge individua e distingue le figure di educatore socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista e definisce i titoli di studio necessari per l’accesso alle professioni. Viene inoltre previsto l’obbligo di una laurea in Scienze dell’educazione (L-19) per esercitare la professione di educatore socio-pedagogico e di una laurea in Scienze pedagogiche (LM-85) per essere riconosciuti come pedagogisti.
Nonostante la cosiddetta “Legge Iori” (incorporata di fatto nella legge di Bilancio), non fu istituito un albo professionale per educatori e pedagogisti, come avviene per altre categorie (es. psicologi, assistenti sociali). Tuttavia, sono stati creati registri professionali gestiti da associazioni di categoria, come CONPED, APP e altre. Negli anni successivi alla Legge Iori, varie proposte di legge sono state presentate per istituire un Ordine degli Educatori e Pedagogisti, ma nessuna è stata approvata.
In questo lungo e accidentato percorso, tanti sono stati gli ostacoli: la sovrapposizione di competenze con altre figure professionali (es. psicologi, assistenti sociali); l’opposizione di alcune categorie professionali; le difficoltà burocratiche e legislative nell’istituzione di un nuovo albo.
Un’altra tappa fondamentale è rappresentata dal Decreto Ministeriale 378/2018: esso ha definito ulteriori modalità operative per l’accesso alla qualifica di educatore professionale, integrando e precisando alcuni aspetti già introdotti – in via transitoria – nei commi della Legge di Bilancio 2018 (n. 205). In altre parole, il DM 378/2018 ha contribuito a dettagliare il percorso formativo (ad esempio, l’organizzazione dei corsi intensivi da 60 CFU) e le procedure per il riconoscimento della qualifica, garantendo maggiore chiarezza agli operatori che dovevano adeguarsi ai nuovi standard richiesti.
Successivamente, la cosiddetta “Legge Lorenzin” (nell’ambito della Legge di Bilancio n.145/2018 ha integrato e ampliato il quadro normativo già definito dalla cosiddetta “Legge Iori”. si estendono gli ambiti d’impiego degli educatori professionali socio-pedagogici, che potranno operare anche nei servizi e i presidi sociosanitari , limitatamente però agli aspetti socio-educativi. L’obiettivo è garantire continuità occupazionale, ma anche assicurare risparmi di spesa, proteggendo gli operatori già in servizio dal demansionamento o dal licenziamento, anche quando i nuovi standard richiedono il possesso di qualifiche specifiche.
E oggi?
Oggi “c’è una forte esigenza di sistematizzare i profili professionali – spiega Olivieri – definendo l’area in cui l’educazione diventa area tecnica e in cui quindi possono lavorare solo i professionisti. L’esigenza di avere un Ordine nasce per essere più rappresentativi nelle sedi istituzionali, rispetto a un insieme di associazioni professionali. Fino al 6 agosto, gli iscritti all’albo erano circa 150 mila , oggi arriveremo sicuramente a 200 mila. Siamo di fronte a uno degli ordini più grandi e popolati – osserva Olivieri – per le uniche due professioni che restano esclusivamente sociali. La legge 55/2024 poteva sicuramente essere molto meglio di così, ma non potevamo permetterci uno stop. Essa riconosce le figure di pedagogista ed educatore: il primo come specialista dell’educazione, con ruolo di coordinamento, il secondo come tecnico dell’educazione, che conduce le proprie attività con autonomia scientifica ma senza essere una figura di coordinamento. Ad oggi, restano molte falle: non ultima, il fatto che non si sia ancora insediato consiglio nazionale, per cui non è possibile bandire posti per educatori e pedagogisti o assumere educatori e pedagogisti che non siano iscritti a questi albi. Gli effetti si vedranno quando tutto andrà a regime: ci sarà un organo con la funzione di garantire la qualità delle prestazioni ma anche il rispetto delle professionalità: alcune competenze e tecniche saranno ascrivibili solo al profilo di educatore. Ritengo molto importante che questo percorso finalmente si compia: i problemi che abbiamo oggi di fronte sono per lo più problemi educativi, che travestiamo da problemi sanitari, sociologici, psicologici. Occorre investire nell’educazione, ricompattare i fondi per far rinascere la 285 come legge nazionale: una delle migliori leggi che abbiamo avuto. Arriveremo forse, spero, anche a un giusto riconoscimento sociale ed economico del mestiere dell’educatore, che oggi in Italia ha uno stipendio che oscilla tra i 1.200 e i 1.300 euro, mentre in Germania guadagna circa 2.500 euro al mese. Ecco, servono riconoscimento e risorse per l’educazione e per gli educatori, per rendere migliore il nostro Paese”.